Il colle gemello di Sant’Angelo Muxaro, che svetta imponente a difesa della Valle del Fiume Platani, è il Monte Castello. Recentemente acquisito al patrimonio della Regione Siciliana per il rilevante interesse archeologico e paesaggistico, il Monte Castello è una collina di natura gessosa che si eleva alla sinistra del medio corso del fiume Platani, ad occidente dell’odierno Comune di Sant’Angelo Muxaro. Sugli spiazzi in cima sono visibili le rovine di Mussaro, un abitato fortificato medievale, la cui esistenza si è protratta oltre la fine del 1400. Nel territorio di Sant’Angelo Muxaro, studiosi e archeologi ritengono sia esistita la leggendaria Camico, città-fortezza dei Sicani, costruita dal leggendario Dedalo. Se così fosse, come è probabile, Camico non può che giacere sotto le rovine medievali di Monte Castello. Sul Monte Castello è da cercare l’inespugnabile rocca dei Sicani, quella che nell’antica lingua accadica era l’Hamu Kasu, ovvero “Il Padre delle rupi dei monti” o, con altro termine pure accadico, il Kamu Kasu, il “Monte degli stranieri”; quella che i Fenici chiamarono Acamcum o Camcum (tortuoso), che il mito greco avrebbe tramandato come la Kamicos di re Kokalos e la storia romana avrebbe ricordato come la città assediata e presa a tradimento nel 258 a.C. alla quale più tardi, gli Arabi, dopo la conquista, avrebbero mutato il nome in Qal àt al-Musâri’ àh.
Il MuSAM trova collocazione nell’Ottocentesco Palazzo Arnone in Piazza Umberto I. Acquistato e ristrutturato dal Comune di Sant’Angelo Muxaro all’inizio di questo secolo, per essere destinato a Museo, è articolato su tre piani, di cui, due per spazi espositivi, il terzo per uffici e foresteria. L'attuale adeguamento si deve all’impegno dell'Amministrazione Comunale che ha avuto il grande merito di dar vita a una positiva sinergia tra azione pubblica e privata, oltre che accendere la partecipazione di tutta la piccola comunità. In tempo di crisi economica, il MuSAM è stato allestito perseguendo il principio di eco-sostenibilità, con l'utilizzo quasi esclusivo di materiali di riciclo, che grazie alla creatività unita alla ricerca, hanno assunto nuova vita sotto le mani sapienti delle maestranze locali. Il MuSAM, racconta della “terra senza l’uomo” della formazione geologica, dei gessi e del sale, racconta delle prime comunità preistoriche, delle grandi imprese di scavo di Paolo Orsi che oggi acquistano la “sacra” dimensione di un antefatto mitico. Era ancora il più povero fra i molti comuni della provincia di Agrigento quando, agli albori del XX secolo, l’archeologo Paolo Orsi si recò per la prima volta a Sant’Angelo Muxaro, sito allora noto per l’unico ma eccezionale rinvenimento delle quattro Patere auree (coppe basse e larghe), due decorate a sbalzo con una fila di sei buoi e due lisce, custodite fino al XVIII secolo presso la Biblioteca Lucchesiana di Agrigento. Il sito rilevò subito la sua importanza, soprattutto la sua peculiare conformazione architettonica di alcune tombe, a grande camera circolare e alzato a profilo ogivale, che l’Orsi definì a “Tholos’’ creando per la prima volta un legame diretto con un modello architettonico elaborato nella Grecia di età micenea, estraneo alla tradizione indigena. Alcuni anni dopo avvenne la scoperta fortuita di un pesante anello d’oro con castone ovale decorato ad incisione da una mucca che allatta un vitellino. L’anello fu acquistato poco tempo dopo dall’Orsi che lo trasferì presso il Museo di Siracusa.
A circa 3 chilometri dagli scavi principali di Sant’Angelo Muxaro, si trovano ulteriori tombe che fanno parte integrante dell’area archeologica. Queste sepolture, scavate nella roccia, risalgono al periodo compreso tra il XIII e il VI secolo a.C. La loro presenza testimonia l’estensione e l’importanza del sito nell’antichità, offrendo ulteriori spunti per comprendere le pratiche funerarie e la struttura sociale delle popolazioni sicane che abitavano la regione. La distanza di queste tombe dal nucleo principale degli scavi suggerisce una distribuzione più ampia delle necropoli, indicando una complessa organizzazione territoriale e culturale.
La necropoli protostorica di Sant'Angelo Muxaro si apre sul pendio meridionale del colle: le tombe, scavate a varie quote nel banco di roccia gessosa, sono state indagate da Orsi negli anni 1927 e 1931. Con l'aiuto del giovane archeologo Umberto Zanotti Bianco, Orsi iniziò lo scavo dapprima nella parte superiore della necropoli, vicino la cosiddetta "Tomba del Principe", la più grande tomba a tholos - ovvero a cupola - conosciuta in Sicilia. Il gruppo della parte alta del costone, indagato da Orsi, comprende tombe monumentali, con un breve corridoio di accesso, il dromos, camera principale a pianta circolare con alzato a profilo ogivale, la tholos, appunto: oltre alla Tomba del Principe, si tratta delle tombe Il, IV e VI, tra le più imponenti. Una volta rimossi i lastroni di chiusura, gli archeologi si trovarono di fronte camere ricolme di vasi e di scheletri sepolti nel corso di vari secoli. Un secondo gruppo di tombe si sviluppa nella parte bassa del colle su cui sorge il moderno centro di Sant'Angelo Muxaro, ed è stato indagato negli anni '70 del secolo scorso e nel 2007. Questa parte della necropoli comprende due tipologie. Il gruppo ad Est è costituito da tombe a pianta irregolarmente circolare e alzato a tronco di cono; il gruppo ad Ovest, da tombe a pianta circolare e alzato a sezione convessa, precedute da corridoio di accesso (il dromos), di forma rettangolare. L'ingresso vero e proprio alla camera sepolcrale, anche qui come per le tombe indagate da Orsi, era sempre piuttosto piccolo e chiuso da un portello in pietra, sigillato da uno spesso strato di argilla e pietrame. Le camere funerarie hanno avuto un uso continuato nel tempo, almeno per una durata complessiva di 600 anni, dal XIII-XI fino al VI sec. a.C..
Nel costone meridionale del colle su cui sorge l’odierno abitato di Sant’Angelo Muxaro insiste una antica necropoli pre-ellenica e greca. Questa necropoli, nel 1931, viene sottoposta ad una campagna di scavi archeologici da parte di Paolo Orsi che scopre un gruppo di grandi tombe a tholos. La più grande di queste tombe a tholos, che non ha mai restituito reperti e testimonianze poiché depredata dalla notte dei tempi, è la così detta “Tomba del Principe” o “Grotta di Sant’Angelo” che è la più grande tomba a tholos protostorica di Sicilia. Il secondo nome viene dal santo protettore che vi avrebbe soggiornato nel XIII secolo per il suo eremitaggio dopo averla liberata dal demonio. Secondo la tradizione la grotta era infestata da molteplici spiriti maligni e demoni che tormentavano gli abitanti del Mussaro . Un giorno, dal mare, giunse un sant’uomo, Angelo, che invocando un terremoto da Dio cacciò gli spiriti dalla grotta che fuggendo, crearono delle spaccature sulla volta della tomba. Una volta cacciati i demoni, Angelo utilizzò la grotta come luogo di eremitaggio e vi celebrò messa per gli abitanti locali. La Grotta del Principe è costituita da due grandi camere pressoché circolari e comunicanti tra loro. La più ampia presenta un diametro di 8,8 metri e un’altezza di 3,5 metri ed è dotata di una banchina che gira tutto intorno alle pareti ove si svolgevano celebrazioni periodiche in onore del defunto la seconda camera, invece, è la sepoltura vera e propria e al suo interno si può osservare il letto funebre, ricavato dalla roccia e distaccato dalle pareti, su cui si adagiava il corpo del defunto. Per la sua maestosità si può ipotizzare che la Tomba del Principe fosse la sepoltura di un potente capo tribù sicano il cui rango poteva essere paragonato a quello di un sovrano.
La Riserva Naturale Grotta di Sant’Angelo Muxaro, istituita per il notevole interesse idrogeologico e speleogenetico in rocce gessose, tutela le due cavità che si aprono alla base delle pendici meridionali del colle gessoso di Sant’Angelo Muxaro, su cui sorge l’omonimo centro abitato. In particolare l’area protetta comprende l’intero sviluppo ipogeo dell’Inghiottitoio Infantino - costituito da un antro e un pozzo verticale di circa 10 metri - e della Grotta di Sant’Angelo Muxaro (conosciuta anche come “Grotta Ciavuli”), una cavità con uno sviluppo di 1.760 metri, articolata in due rami con ingressi sovrapposti: nel ramo inferiore si riversano le acque provenienti dalla valle cieca, mentre il secondo ramo, inattivo nel suo tratto iniziale, costituisce la parte maggiormente conosciuta del sito tutelato;vi si accede con un percorso sub-pianeggiante attraverso l’ampio antro d’ingresso, che conduce ad una grande sala di crollo, da cui è possibile raggiungere nuovamente il corso delle acque. Resta tutt’oggi esterna alla riserva la risorgenza del sistema carsico, una grotta ubicata sulle pendici nord-occidentali del rilievo gessoso su cui sorge il centro abitato. La Riserva riveste inoltre sia interesse faunistico per la presenza di anfibi, rettili e chirotteri, che vegetazionale, per una ricca vegetazioneconcentrata principalmente lungo gli alvei e sul costone roccioso con specie tipiche degli affioramenti gessosi. Da evidenziare anche l’interesse archeologico dell’area per la presenza della Necropoli di Sant’Angelo Muxaro.
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